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La scomparsa di don Sebastiano – encoberto o caduto che sia- inguaia il Portogallo. Come evitare i problemi di successione, vista la mancanza di eredi diretti? L’unico fratello ancora in vita del re João III, l’anziano cardinale Henrique, una volta salito al trono, ci prova. Scrive al papa: Sua Santità, vista l’eccezionalità della situazione, mi conceda di avere figli. Non cerco i piaceri della carne: alla mia età e nelle condizioni di salute in cui mi trovo, sarebbe ridicolo. Cerco solo di evitare al mio Paese instabilità, guerre e sofferenze. I tempi non sono proprio quelli giusti. Per riacquistare credibilità di fronte all’incalzare della Riforma, la Chiesa predica disciplina e rigore . Così il papa, forse anche “ consigliato” da un non proprio disinteressato Filippo II, nega l’autorizzazione. Un bel problema.
E non è l’unico. Ci sono da riscattare i prigionieri di Alcàcer Quivir e ci vogliono soldi. Tanti soldi. Il cardinale-re si dà da fare e riesce a riportare in patria quasi tutti. Spendendo un patrimonio. Ma sull’altro fronte, quello della successione, le cose non sono così semplici. La partita si gioca tra nipoti e pronipoti non di dom João III- la cui linea è estinta o, meglio, si estinguerà con la morte del cardinale Henrique- ma di dom Manuel, O Venturoso. Le carte migliori le ha in mano un bambino di nove anni, Ranuccio, figlio di una nipote del re, Maria, e del governatore delle Fiandre, Alessandro Farnese. Ma il Portogallo non può avere sul trono un bambino: una crisi economica delle peggiori richiede interventi rapidi e mano ferma.
La sorella minore di Maria, Caterina duchessa di Braganza , ha anch’essa buone carte, ma le gioca male , timorosa com’è di compromettersi e di compromettere, con una mossa avventata, il proprio patrimonio. Consigliata dal marito, fa il pesce in barile, aspetta le mosse altrui e non prende posizione. Il cugino di Maria e di Caterina, Antonio, ex priore di Crato, è invece un tipo sveglio e determinato. Nipote illegittimo di dom Manuel , gode di un discreto seguito nel Paese. E’ istruito, è scampato al disastro marocchino, è l’unico discendente maschio della stirpe di o Venturoso. Suo zio, il Cardinale-re, però non lo può vedere e non perde occasione per mettergli il bastone fra le ruote. Annulla una sentenza di legittimità ottenuta da Antonio e, anche se per pochi giorni, lo esilia. Quando convoca le Cortes per avere un parere sulla successione al trono, dom Henrique, O Rei Cardeal, il re cardinale, non menziona neppure il nipote: la partita si gioca fra Caterina di Braganza e il re di Spagna Filippo II, sentenzia. Finita lì.
Filippo II ha solidi legami con il Portogallo. La sua prima moglie, Maria Manuela, la madre dello sfortunato don Carlos morto in circostanze misteriose, era figlia del re dom Manuel. E di dom Manuel, Filippo II è anche nipote per parte materna. Ha dalla sua i legami di sangue e l’autorevolezza, ma soprattutto la migliore fanteria del mondo di allora : i tercios ( i reggimenti) del Duca d’Alba. E’ bravo a condurre la partita: promette e assicura, persuade e blandisce , corrompe e minaccia. Molti, in Portogallo, si lasciano convincere, con le buone o con le cattive: i nobili e gli alti prelati sperano di acquisire benefici e ricchezze, i commercianti vantaggi doganali. Paradossalmente sono gli spagnoli ad arricciare il naso: a loro non garba di dover spartire con i portoghesi potere e affari.
Quando dom Henrique muore agli inizi del 1580, Antonio si fa proclamare re, Caterina si ritira dalla competizione; Emanuele Filiberto di Savoia – anch’egli imparentato con dom Manuel – neppure si fa sentire e Filippo II spedisce i propri reggimenti e la propria flotta in Portogallo. Antonio resiste fin che può, ma deve soccombere. Cercherà di rifarsi, con l’aiuto dell’Inghilterra e della Francia, qualche mese più tardi, guidando una ribellione nelle Azzorre, ma senza successo. In Portogallo pochi lo seguono: l’era di Filippo II è cominciata. “ Muoio nella e con la mia Patria”, dirà Camões in punto di morte.
Ma sulle prime, il Portogallo sembra non perderci. Conserva la propria autonomia, la propria moneta, le proprie leggi, la propria lingua( “C’è un macigno che impedisce al castigliano di imporsi” chiosa Filippo II, “ Il poema di Camões”), la propria amministrazione, anche se deve uniformare a quella della Spagna la propria politica estera. Ma la pace sociale e la stabilità interna valgono o sembrano valere questo prezzo. Per legge, nessuno spagnolo può occupare cariche amministrative, politiche o giudiziarie, a meno che non si tratti di componenti della famiglia reale sposati a portoghesi. Lo stesso Filippo II ( primo di Portogallo), il re Prudente, si trattiene per due anni a Lisbona, da dove, fra un affare di stato e l’altro, scrive affettuose lettere alle figlie rimaste a Madrid. Si preoccupa della loro educazione, si informa sull’avanzamento dei lavori ad Aranjuez dove si sta edificando un superbo palazzo reale, immagina lo splendore dei giardini in primavera e gli uccelli volare di ramo in ramo. Un simile atteggiamento sembra stupefacente in un uomo ritenuto freddo, calcolatore, privo di scrupoli, sinistro, un uomo davanti al quale a corte tutti tremano al solo vederlo tanto che è passata alla storia un’affermazione “ Soseagos”( tranquillizzatevi ) con la quale il re cercava di mettere a proprio agio i terrorizzati interlocutori.
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